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Luigi De Falco agli startupper di Trieste: 'Il rischio fa l'imprenditore, non l'idea'

Luigi De Falco agli startupper di Trieste: 'Il rischio fa l'imprenditore, non l'idea'


Il 5 ottobre Luigi De Falco, Presidente H2biz, ha incontrato a Trieste 14 startupper del Triveneto che partecipano al progetto Reverse Made in Italy del Gruppo H2biz.



Nell'ambito dell'incontro, durato due ore, il fondatore di H2biz ha risposto alle domande dei neo-imprenditori e ha dato alcuni consigli sulla base della propria esperienza.

La relazione di Luigi De Falco al road-show di Trieste:

"Io ho fondato una start up 20 anni fa quando le start up non si chiamavano start up, quando la connessione internet più veloce era una ISDN e quando se andavi in una banca a spiegare quello che facevi, ti guardavano come un marziano.

Era dura, ma il mercato era una prateria da conquistare, se avevi una buona idea e tanto coraggio, in un modo o nell'altro riuscivi ad emergere.

Oggi non è più così, oggi circolano troppe idee e non si riesce più a separare le buone dalle cattive.

Ormai il termine start up è diventato un luogo comune, lo si usa per definire qualsiasi nuova impresa, anche quelle che di innovativo hanno solo il nome. Una tendenza pericolosa che rischia di far perdere al concetto di start up il suo vero significato.

Se siamo arrivati a questo punto, non è solo colpa dei media o degli incubatori di imprese, che hanno il legittimo interesse a “far girare” il termine, ma è soprattutto responsabilità degli imprenditori che hanno travisato loro stessi il senso della parola start up.

Start up non vuol dire solo idee innovative, ma soprattutto persone innovative.

A cosa serve una buona idea senza una persona in grado di realizzarla? Sono le persone che fanno le aziende e non il contrario.

Avere una buona idea, per quanto innovativa, non basta e non basterà mai se non si ha la capacità di rischiare, anche la casa se necessario, per realizzarla.

E’ il rischio che fa l’imprenditore, non l’idea. Questo concetto elementare sfugge alla maggior parte degli startupper e, soprattutto, sfugge agli operatori che gravitano nel mondo del supporto alle start up. Tutti, startupper e incubatori, sono concentrati nel cercare finanziamenti, cosa assolutamente necessaria ma non sufficiente. Manca la cultura del rischio d’impresa, manca un vero percorso formativo al rischio, che è la quintessenza dell’essere imprenditore.

Non è un caso se la maggior parte degli startupper alla prima difficoltà mollano la presa e abbandonano il loro progetto.

A volte un’idea innovativa per diventare un’impresa di successo deve essere realizzata da una persona diversa dal suo ideatore. Imprenditore e ideatore non devono coincidere per forza. Spesso gli imprenditori realizzano meglio le idee degli altri piuttosto che le proprie.

Invece di cercare solo finanziamenti, sarebbe il caso che gli startupper cerchino anche dei veri imprenditori che siano in grado di realizzare concretamente la loro idea o che li affianchino operativamente in tutte le fasi del processo. Alcuni aggregatori si stanno muovendo in questa direzione, ma il percorso è ancora lungo.

Ci sono tanti startupper che sono ovviamente in grado di cavarsela da soli, ma sono una minoranza. Per tutti gli altri varrebbe la pena di prendere in considerazione l’ipotesi di fare una vera gavetta imprenditoriale al fianco di persone che hanno già dimostrato di essere in grado di realizzare i propri progetti.

Il denaro è importante, ma per trasformare un’idea in realtà servono le persone e forse alcuni stratupper non sono ancora pronti per diventare degli imprenditori, ma le loro idee potrebbero già esser pronte per diventare delle aziende di successo.

Non c’è nulla di male a farsi aiutare. Qualsiasi imprenditore degno di questo nome ha imparato il “mestiere” da altri e poi lo ha sviluppato secondo la propria indole.

Meglio un’idea che diventa un’impresa grazie al supporto di altri che un’idea che, per orgoglio, rimane solo un sogno nel cassetto".

Ufficio Stampa H2biz
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